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Registrazione dei contratti di locazione: le regole aggiornate nel 2025

La registrazione di un contratto di locazione o di affitto rappresenta un adempimento fiscale e civilistico che tutela sia il proprietario sia l’inquilino. Non si tratta soltanto di un obbligo di legge, ma di una garanzia per entrambe le parti, poiché conferisce piena validità giuridica all’accordo e permette di risolvere eventuali controversie future. La regola generale stabilisce che la registrazione è necessaria se il contratto supera i 30 giorni complessivi nell’anno solare con lo stesso conduttore. Questo significa che anche più contratti brevi stipulati con la stessa persona possono determinare l’obbligo di registrazione se, sommati, oltrepassano la soglia. L’obiettivo della normativa è contrastare l’evasione e garantire trasparenza.

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Negli ultimi anni sono intervenute alcune novità che hanno semplificato il procedimento, rendendo più snella la fase di pagamento e di trasmissione dei documenti all’Agenzia delle Entrate. È infatti possibile scegliere tra la modalità telematica, obbligatoria per chi possiede partita IVA, e quella tradizionale con consegna presso gli sportelli. Inoltre, l’introduzione del modello F24 Elide ha sostituito in gran parte il vecchio F23, uniformando i codici tributo e rendendo più chiara la procedura. Per chi si avvale dei servizi online, il pagamento delle imposte avviene contestualmente all’invio della registrazione, con rilascio immediato della ricevuta.

Come funziona la registrazione e quanto si paga

L’imposta di registro è calcolata in misura percentuale sul canone di locazione annuo moltiplicato per il numero delle annualità. Per gli immobili urbani ad uso abitativo l’aliquota è pari al 2% del canone annuo, con un importo minimo di 67 euro. Nei contratti a canone concordato si applica la riduzione della base imponibile al 70% del canone, consentendo quindi un risparmio immediato. Per gli immobili strumentali o commerciali, se il locatore è soggetto IVA, l’imposta è ridotta all’1%, mentre negli altri casi resta fissata al 2%. Diverso il regime dei fondi rustici, per i quali si paga lo 0,50% del corrispettivo annuo moltiplicato per le annualità, con una soglia minima di 51,65 euro.

Ad esempio, un contratto d’affitto di 18 mesi per un bilocale da 600 euro al mese comporterà un’imposta di registro di 144 euro all’anno. Se si sceglie di pagare in un’unica soluzione, la cifra sarà ridotta grazie allo sconto legato al tasso legale. Accanto all’imposta di registro, i contraenti devono considerare l’imposta di bollo, che ammonta a 16 euro ogni quattro facciate scritte o ogni cento righe. La spesa per la registrazione resta ripartita tra le parti, con la regola del 50% a carico del locatore e 50% a carico del conduttore. Chi desidera può scegliere di pagare l’imposta di registro in un’unica soluzione per l’intera durata contrattuale, beneficiando di uno sconto proporzionale legato al tasso d’interesse legale: in questo modo si ottiene una riduzione complessiva rispetto al pagamento anno per anno.

Nel caso di risoluzione anticipata, la normativa prevede che chi ha già pagato per tutte le annualità possa richiedere il rimborso delle quote non godute. Questo principio vale sia per gli immobili urbani sia per i fondi rustici, tutelando il contraente da spese eccessive.

Una possibilità alternativa è rappresentata dalla cedolare secca, che consente al proprietario di sostituire imposte ordinarie, registro e bollo con un’imposta unica pari al 21% per i contratti a canone libero e al 10% per i contratti a canone concordato. Questa scelta comporta la rinuncia all’adeguamento ISTAT del canone, ma garantisce notevoli semplificazioni fiscali e spesso anche una minore pressione fiscale complessiva.

Per effettuare la registrazione è necessario presentare all’Agenzia delle Entrate il modello RLI, allegando il contratto in originale e in copia, con le relative firme, e le marche da bollo applicate. Se la procedura avviene in via telematica, i documenti sono caricati online e la ricevuta viene rilasciata in tempo reale. Nel caso di registrazione presso l’ufficio, i tempi possono variare, ma l’operazione resta comunque vincolata al termine massimo di 30 giorni dalla stipula.

Registrare un contratto non è solo un obbligo. È anche un modo per dormire sonni tranquilli, sapendo che l’accordo ha pieno valore legale. Le sanzioni per mancata registrazione non sono trascurabili. L’omessa registrazione può comportare una multa che varia dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, mentre la dichiarazione di un canone inferiore a quello reale può far scattare una sanzione tra il 200% e il 400% della differenza accertata. È però possibile ricorrere al ravvedimento operoso, regolarizzando la posizione con sanzioni ridotte a seconda della tempestività del versamento.

La disciplina in vigore nel 2025, confermata anche dalle recenti modifiche introdotte dal D.Lgs. 139/2024, ribadisce quindi la centralità della registrazione come strumento di tutela e trasparenza. Proprietari e inquilini hanno l’obbligo di rispettare tempi, modalità e percentuali, ma possono scegliere le opzioni più convenienti tra regime ordinario e cedolare secca. Conoscere regole e scadenze consente non solo di evitare sanzioni, ma anche di pianificare correttamente i costi legati alla locazione.

Delania Margiovanni

Passione innata per il make up e per tutto ciò che concerne la bellezza e la cura del corpo. Elargire consigli è la mia prima missione, la seconda è quella di convertire le donne svogliate!!!

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