Mercato immobiliare: considerazioni sull'andamento negli ultimi anni
Per il 2019, gli esperti del mercato immobiliare hanno previsto prezzi in crescita in tutta Europa, per una tendenza che dovrebbe riguardare anche il nostro Paese, anche se in misura più contenuta. Stando alle analisi fornite da Standard and Poors, i prezzi delle abitazioni del Vecchio Continente conosceranno un aumento deciso nel 2021, in virtù di condizioni finanziarie ed economiche tali da sostenere la domanda.
Se è vero che la congiuntura macro si caratterizza per un certo rallentamento, è altrettanto innegabile un aumento complessivo dei salari, che deve essere considerato insieme con i tassi dei mutui favorevoli, viste le decisioni assunte dalla Bank of England e dalla Banca Centrale Europea. Ecco perché si potrebbe verificare un rialzo delle quotazioni in conseguenza della crescita della domanda: quotazioni che, in ogni caso, per ora sono ancora inferiori rispetto a quelle precedenti al 2008, almeno nella maggior parte degli Stati della Ue.
La situazione in Italia
Gli analisti per il nostro Paese si attendono sì una crescita dei prezzi, ma comunque graduale: per il 2019 si parla di mezzo punto percentuale, mentre per il 2020 si potrebbe salire oltre l'1%. Il rallentamento dell'attività economica che ha caratterizzato gli ultimi mesi dello scorso anno non lasciava presagire scenari rosei, ma per questi primi mesi del 2019 si parla di una ripresa, anche se non straordinaria. La domanda, d'altro canto, rimarrà elevata per effetto dei ridotti tassi di interesse, ma anche per merito delle condizioni del creddito favorevoli.
Il mercato immobiliare del nostro Paese
Entrando nel dettaglio del mercato immobiliare del Belpaese, con riferimento allo scorso anno si può parlare di prezzi stabili, anche a causa di un'offerta molto abbondante che non ha consentito la crescita delle quotazioni. Nel mese di settembre dello scorso anno, per esempio, il numero di abitazioni nuove non raggiungeva un quinto del vertice che era stato raggiunto nel 2005. La domanda per i finanziamenti correlati all'acquisto della casa si comporta più o meno in maniera simile. Anche attraverso i dati forniti da Casa Smart si può intuire che il mercato immobiliare è più statico del dovuto, ma ciò non toglie che l'aumento delle transazioni a settembre abbia sfiorato il 6% annuo. Tuttavia, negli ultimi mesi del 2018 è andata un po' peggio, anche per colpa della diminuzione dei posti di lavoro che ha avuto ripercussioni sul mercato immobiliare. Non ci si può dimenticare, inoltre, della conclusione del quantitative esasing.
Il 2019 sarà l'anno della svolta?
Da più parti si è portati a sostenere che quello in cui siamo entrati sarà l'anno della svolta. Se si presta fede alle prospettive per l'anno a cui fa riferimento la società di rating americana, è lecito attendersi una forte ripresa, a dispetto di un Pil in crescita a livelli ridotti. L'incremento del numero di posti di lavoro che ci si attende potrebbe consentire una disponibilità di spesa più elevata, e così la stessa domanda abitativa potrebbe essere consolidata. Rimangono favorevoli i tassi di interesse, inferiori al 2.3% ma in crescita.
Che cosa sperare per la fine del 2019?
Il rapporto price to income e price to rent non si schioda dalla forbice tra il 10 e il 15%, il che vuol dire che rimane al di sotto della media degli ultimi due decenni. I prezzi potrebbero tornare a salire entro la fine di quest'anno, ma è sempre bene mantenere le antenne dritte, anche perché la domanda di abitazioni è considerata esposta al rischio di un nuovo arresto, almeno in una prospettiva di lungo periodo, visto che già dal prossimo anno diminuirà la quota di popolazione in età da lavoro.
L’Osservatorio Immobiliare Nomisma redige annualmente il rapporto sull’andamento del settore immobiliare in Italia. È nota la tendenza dell’italiano medio a risparmiare per poter investire sul “mattone” considerato un investimento sicuro e soprattutto garanzia di benessere. L’economia nazionale e mondiale, gli sbalzi finanziari, gli scossoni provocati da catastrofi naturali o emergenze sanitarie non assecondano in modo continuativo il desiderio o le aspettative di avere un tetto sulla testa e il mercato immobiliare risente conseguentemente degli alti e bassi: uno dei settori più “sensibili” ai movimenti dell’economia globale.
Il mercato immobiliare in Italia
Da sempre altalenante, il settore immobiliare italiano dopo decenni di incertezza ha registrato nel decennio 2009 – 2019 un generale clima di fiducia da parte delle famiglie, con un ritrovato interesse nella ricerca di case sia da acquistare che da affittare e una media di 2 milioni di famiglie interessate alla concessione di un credito. La tendenza crescente a richiedere un mutuo è anche motivata e agevolata da un notevole calo degli interessi, che dal 2008 – con la bolla speculativa scoppiata negli Stati Uniti e che ha generato la più lunga crisi finanziaria mondiale dalla quale si fatica a riprendersi – ha registrato un calo costante fino a toccare tassi dello 0,5%. Contestualmente, i mutui calano in termini di importo erogato a favore di compravendite in cui si impegna maggiore liquidità. Si è creato negli anni il paradosso di un indebolimento economico contrastato da un aumento della domanda di acquisto. Un trend che si conferma nel biennio 2019-2020.
Il settore immobiliare è caratterizzato dal comparto residenziale che è quello che realizza i maggiori profitti soprattutto nelle città metropolitane: un incremento delle vendite si verifica con regolarità in città come Bologna, Milano, Roma, Firenze. I mutui agevolati spingono anche i mercati intermedi come quelli delle città di Trieste, Bergamo o Parma.
Più problematico è il settore non residenziale che storicamente fatica a registrare dati positivi di crescita nelle vendite ad eccezione degli investimenti immobiliari corporate. Con questo quadro generale, l’Italia giunge al primo trimestre del 2020 con un record di investimento nel mattone superiore a 12 miliardi di euro, nonostante un rallentamento determinato dall’emergenza sanitaria da Covid19. Il traino del settore è sorprendentemente la componente alberghiera a fianco a quella residenziale, rivelando un maggiore interesse alla diversificazione. Milano è la città più effervescente e raccoglie il 40% del volume degli investimenti.
La congiuntura immobiliare italiana
Stando ai dati Nomisma, il settore resiste nonostante la debolezza del contesto economico; tuttavia, l’immobile non è più considerato un bene rifugio e risente dell’andamento economico generale che influenza sia i prezzi che le transazioni: le famiglie italiane hanno sviluppato una minore propensione alla proprietà dell’immobile evidenziato dal dato delle compravendite residenziali più basso degli ultimi 5 anni: solo lo 0,6%. Gli esperti notano che i fattori come reddito, ricchezza e consumi non influiscono più sulla performance del comparto immobiliare quanto piuttosto conta l’attrattività dei territori rispetto agli acquirenti, che siano residenti, imprese o turisti (per le seconde case). Tra il 2007 e il 2020 la domanda di acquisto è stata in crescita fino al deciso rallentamento nel primo semestre 2020, un dato che si può leggere nell’ottica della pandemia che ha ridotto notevolmente la liquidità delle famiglie che nonostante il calo dei prezzi immobiliari.
Il ciclo immobiliare negli anni 2000-2019 si può definire come una struttura a nido d’ape dove i cluster di mercato immobiliare di riferimento - rappresentato dalle 13 maggiori città italiane e da 13 città intermedie – si sono mossi nella stessa direzione con lievi differenze: i mercati delle città maggiori hanno registrato delle perdite di valore delle abitazioni, mentre le città intermedie realizzano le perdite più alte nelle quote di mercato immobiliare. In controtendenza è l’aumento delle vendite delle case per le vacanze. Tra i mercati in crescita si segnalano quelli di Modena, Trieste e Verona, mentre cala il volume delle compravendite nelle città di Messina, Salerno, Taranto e Perugia.
Quali case acquistano gli italiani
Sulle 25.500 compravendite realizzate nel biennio 2019-2020 – da punto di vista socio-demografico – è netto l’incremento delle case vacanza, con un boom di investimenti a Napoli, a fronte del calo delle vendite a Genova e Milano. Le tipologie acquistate si concentrano su abitazioni dalle ampie metrature o soluzioni indipendenti (ville, villini, case a schiera) prediligendo gli spostamenti e gli acquisti verso l’hinterland. Questo è grandemente motivato dal bisogno di avere maggiori spazi a disposizione sia dentro che fuori casa motivato dal timore di reiterati lockdown negli anni o dal rimanere sempre più spesso all’interno delle mura domestiche con il divulgarsi dello smartworking.
Rispetto agli immobili di impresa – non residenziale – la tipologia dei capannoni è in aumento considerato l’utilizzo per deposito dettata dall’incremento dell’e-commerce; calano anche i canoni di locazione per i capannoni. I locali per attività commerciali come ristoranti e negozi registrano in calo sia di vendita che di affitto, poiché risentono della grande crisi economica generata dalla pandemia e dal numero di attività danneggiate e destinate alla chiusura. Per quanto riguarda gli uffici, gli esperti sospendono le valutazioni considerando la duplicità dell’interpretazione dei dati dal momento che da un lato aumenta la richiesta di spazi per creare maggiore distanziamento sul luogo di lavoro, ma al contempo aumenta la richiesta di potenziamento dello smart-working anche al termine dell’emergenza sanitaria con conseguente riduzione delle sedi fisiche.
Previsioni sull’andamento del mercato
Il quadro mutevole degli ultimi anni rende difficile qualsiasi ipotesi previsionale. Gli scenari sono pessimisti, ma con sfumature diverse stando all’analisi di Nomisma. La recessione crescerà nel 2021, rendendo difficili le condizioni di vendita e locazione: nell’arco del triennio 2020-2022 gli investimenti corporate crolleranno con perdite da 9,4 miliardi a 18,3 miliardi di euro; una perdita simile si stima anche per il comparto residenziale con flessioni tra il -3% e il -10%. Gran parte della sofferenza è causata dalla ripresa economica difficile successiva all’evento pandemico e al lento recupero delle attività. Un buon contributo può derivare dalle iniziative nazionali di incentivazione, agevolazioni per l’acquisto della prima casa, riduzione dei tassi di interesse e delle imposte sulle case.