È possibile decidere la non installazione dell'autoclave nel condominio, se l'impianto dell'autoclave idrico pubblico è perfettamente funzionante (Cassazione 27/04/1991 n. 4652). Se invece la mancanza di acqua riguarda solo alcuni appartamenti, il condominio può deliberare l'installazione di un'autoclave autonoma. Essa non dovrà però comportare una riduzione idrica negli appartamenti degli altri condomini.
La cura dell'apparato autoclave all'interno del condominio riguarda sia la pompa che il serbatoio. Come precedentemente illustrato, il meccanismo alterna fasi di pressione variabile che possono causare usura sia alla pompa idraulica che al contenitore per l'acqua, noto anche come vaso di espansione.
È fondamentale, inoltre, verificare lo stato dell'acqua stessa, in quanto residui e impurità possono depositarsi sul fondo del serbatoio, compromettendo la qualità dell'acqua e rendendola non idonea al consumo.
Anche il pressostato, componente chiave del sistema, può subire l'accumulo di detriti e particelle, influenzando negativamente il suo funzionamento e impedendo che l'acqua venga distribuita correttamente a tutte le unità abitative con la pressione adeguata. Per esaminare e mantenere in efficienza questo componente, è necessario ridurre la pressione interna, procedere alla ventilazione del serbatoio e alla pulizia dei suoi componenti interni.
Nonostante questa manutenzione non risulti particolarmente complessa, potrebbe essere prudente affidare l'intervento a professionisti specializzati.
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Una domanda che è legata all’opportunità di usufruire di agevolazioni fiscali è se l’installazione di un’autoclave nel condominio rappresenta un’innovazione tecnologica e di risparmio energetico o rientra nell’ambito della semplice modifica di una “cosa comune”. L’autoclave nel condominio – si è visto che nel suo funzionamento – permette una spinta dell’acqua e quindi un’erogazione della stessa a pressione maggiore e con maggiore stabilità per garantire la corretta distribuzione all’interno di tutte le unità immobiliare a cui è collegata.
Tuttavia, la Corte di Cassazione – che in mancanza di un dispositivo di legge, determina la norma in base alla consuetudine – ricorda che non tutte le modificazioni delle cose comuni (edificio e impianti) si possono considerare innovazioni ai sensi dell’art. 1120 del codice civile. Una modifica si considera innovativa solo se questa comporta un’alterazione sostanziale dell’impianto dell'autoclave nel condominio e un mutamento della destinazione originaria, inoltre le modifiche devono determinare, al termine delle opere eseguite, una diversa consistenza materiale e un diverso utilizzo (le sentenze a riguardo sono varie: Cass. Del 23 ottobre 1999, n. 11936; Cass. del 29 ottobre 1998, n. 1389; Cass. del 5 novembre 1990, n. 10602 e Cass. del 26 maggio 2006 n. 12654.
Pertanto è considerato uno ius receptum, si dà per scontato il principio per cui l’installazione di un cancello automatico non costituisce innovazione ma semplice modifica di una parte comune, così allo stesso modo l’installazione di un’autoclave nel condominio non è innovazione in quanto non apporta alcuna modifica materiale e sostanziale all’edificio comune (sentenza n. 9040 del 15 luglio 1992, tribunale di Napoli, sez. X).
L’impianto dell'autoclave deve essere installata nel rispetto della norma definita dal D.M. n. 37 del 2008.
Relativamente all’installazione di un’autoclave a servizio di una sola unità immobiliare all’interno di un contesto condominiale, la Corte di Cassazione ha specificato che è consentita (art. 1102 del Cod. Civ.) purché non comporti una riduzione di flusso di acqua nei locali (abitazioni, garage, cantine) degli altri condomini pregiudicando il loro diritto di godere parimenti del servizio di erogazione dell’acqua (Cass. N. 1911 del 23 febbraio 1987).
In conclusione, l’impianto dell'autoclave – seppur utile in alcune situazioni condominiali – non è un lavoro che si può annoverare come innovazione e pertanto non rientra tra le opere e i lavori che possono godere di benefici fiscali.
Si potrà usufruire della detrazione anche per le spese relative ad interventi eseguiti sulle parti comuni esterne di un condominio, fino ad un massimo di 5.000 Euro per singola unità abitativa presente nell’edificio. Ciascun condomino ha diritto all’agevolazione fiscale nel limite della quota a lui imputabile. Nel caso particolare di lavori eseguiti sia in abitazioni private che su parti comuni condominiali, il bonus fiscale spetta su due distinti limiti di spesa, di 5.000 Euro ciascuno.
In questi ultimi anni, grazie a numerose iniziative ed incentivi del governo, si sono avute diverse opportunità per cambiare le automobili o rinnovare le proprie abitazioni, magari migliorandone le strutture (anche dal punto di vista antisismico) oppure l’efficienza energetica. Spesso, poi, tali agevolazioni hanno riguardato non solo le abitazioni private, ma anche edifici condominiali, consentendo così un miglioramento generale del comfort abitativo di tante famiglie.
Tra tutte queste iniziative lanciate, un particolare successo ha riscosso anche il cosiddetto Bonus Facciate, un’agevolazione di tipo fiscale che, come vedremo, permette di migliorare l’aspetto esteriore e quindi estetico degli edifici e di varie strutture, tra cui anche i cosiddetti immobili strumentali (un esempio possono essere gli uffici professionali). In cosa consiste il bonus facciate e chi sono i soggetti che ne possono usufruire? Andiamo ad approfondire maggiormente questo argomento.
Lanciato qualche anno fa, anche nel 2022 si potrà usufruire (sia pure con alcune modifiche rispetto al recente passato) di questa agevolazione fiscale, che prevede una detrazione d’imposta del 60% per quegli interventi che riguardino il rinnovo o il restauro delle facciate esterne degli edifici esistenti. Questi possono essere di qualunque categoria catastale, inclusi gli immobili strumentali, come ad esempio uffici, studi, laboratori e negozi.
La differenza rispetto agli anni precedenti, a cui si accennava prima, è proprio nella percentuale della detrazione spettante, cioè il 60%, mentre nel 2020 e nel 2021 questa raggiungeva invece il 90%. Tale beneficio fiscale può essere richiesto per tutti i lavori effettuati fino al 31 Dicembre 2022 e non riguarda tutti gli edifici esistenti, ma solo quelli compresi in alcune zone specifiche. Gli interventi (anche la sola pulitura o tinteggiatura) devono riguardare le strutture opache delle facciate, balconi, ornamenti e fregi.
Tutte le spese sostenute per tali lavori di rifacimento delle facciate dovranno essere documentate e pagate attraverso bonifici postali o bancari. Poi, dovranno essere esibite in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi. La detrazione spettante sarà rimborsata in dieci rate annuali di medesimo importo. Ricordiamo, inoltre, che per ottenere il bonus facciate non esiste un tetto massimo di spesa o limiti particolari per la detrazione da ricevere.
Per quanto concerne i generi di lavoro ammessi alla detrazione, essi devono riguardare le facciate che si rivolgono a strade o luoghi pubblici, con esclusione quindi di quelle interne rivolte verso chiostri o cortili. In particolare, sono agevolabili i lavori di pulitura e tinteggiatura delle facciate; sostituzione di grondaie; rifacimento di parapetti esterni e interventi inerenti sia il decoro urbano che la sistemazione di parti di impiantistica poste nella parte opaca della facciata.
Come accennato, i lavori di rifacimento delle facciate devono riguardare edifici esistenti posti in aree territoriali specifiche. In particolare, essi devono trovarsi nelle zone A e B, come indicato dal Decreto Ministeriale n°1444/1968. La zona A si riferisce a quelle aree dove vi sono agglomerati urbani che presentino un carattere storico, artistico o evidenzino un certo pregio ambientale, come ad esempio potrebbe essere un centro storico o un semplice borgo.
La zona B, invece, si riferisce a quegli ambiti territoriali totalmente o parzialmente edificati. Con quest’ultima definizione, si intendono quelle aree in cui la superficie coperta degli edifici presenti sia non minore a un ottavo (il 12,5%) della superficie fondiaria complessiva dell’intera zona e in cui la densità territoriale sia maggiore di 1,5 mc/mq. Comunque sia, tali zone possono essere facilmente individuate attraverso una verifica del piano regolatore di ciascun Comune, con l’ausilio di un professionista o un addetto comunale.
In questi anni, il governo ha lanciato diverse iniziative volte al miglioramento e all'efficientamento energetico delle abitazioni e favorire cosí anche le ristrutturazioni edilizie in generale. In quest'ottica, anche in considerazione dell'elevata sismicitá del nostro territorio, apprezzabile è stato anche l'avvio dell'iniziativa riguardante il cosiddetto Sismabonus. Questa, come vedremo meglio in seguito, è una misura finalizzata ad incrementare e favorire la sicurezza delle abitazioni e degli edifici di tipo produttivo, in particolare nelle aree a forte rischio sismico.
Per Sismabonus si intende un beneficio a favore di contribuenti privati e società che intraprendono lavori di ristrutturazione per mettere in sicurezza e rendere efficiente energeticamente gli immobili. Il beneficio consiste in una detrazione IRPEF o IRES (per le società) che va dal 50% all’85% delle spese sostenute. Le detrazioni si applicano sui lavori realizzati su edifici di tipo abitativo o adibiti ad attività produttive relativi a interventi di Demolizione e ricostruzione (purché non classificati come lavori di nuova costruzione). Se gli interventi rispettano i requisiti, la detrazione può essere potenziata fino al 110% - super Sismabonus – con la possibilità di cessione del credito all’impresa che esegue i lavori.
Con la legge di bilancio 2022, il Sismabonus viene prorogato fino al 2024, con aliquote a diminuire: 110% fino al 31 dicembre 2023, 70% nel 2024 e 65% nel 2025.
L’art. 16 comma 1 bis del Decreto Legge n. 63 del 2013 definisce il sismabonus come un’agevolazione per chi effettua interventi di risanamento o messa in sicurezza antisismica su immobili a uso abitativo o edifici produttivi. Gli interventi vanno eseguiti su parti strutturali degli immobili situati preferenzialmente in zone ad alto rischio sismico, secondo la seguente classificazione:
Ogni zona ha un “valore” di azione sismica utile da conoscere ai fini della progettazione che si esprime in termini tecnici di accelerazione massima su roccia.
La detrazione si applica su un totale si spesa dei lavori pari a 96.000 € per unità immobiliare e ripartita in 5 quote annuali di pari importo. La percentuale massima per il sisma bonus ordinario è pari al 50% dei lavori effettuati, ma può aumentare in uno dei seguenti casi:
Quando, quindi, il super Bonus edilizio assorbe il sisma bonus ordinario e a condizioni rispettate per l’ottenimento del super bonus, subentra l’obbligo di applicare la percentuale del 110%. Le aliquote ordinarie per il sisma bonus (50%, 70-75% e 80-85%) restano vigenti anche dopo il 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2024).
Il decreto rilancio 2020 ha introdotto la possibilità della cessione del credito e dello sconto in fattura anche per il sisma bonus con superbonus 110% e per tutti gli interventi agevolabili come l’ecobonus (65%) e il bonus ristrutturazioni (50%).
Gli interventi antisismici, locali o globali ammessi nell’ambito del sisma bonus sono:
Tra le novità introdotte con la legge di bilancio 2022, si cita anche il Sismabonus Acquisto che interessa la detrazione che si applica agli acquirenti di nuove case edificate in zone di rischio sismico 1, 2 e 3 al posto dei fabbricati demoliti per ricostruirli con criteri anti-sismici. L’agevolazione è ammessa se l’impresa edile che realizza i lavori di demolizione e ricostruzione per miglioramento antisismico consegna l’immobile entro 18 mesi dalla data di chiusura dei lavori. L’acquirente, in questo caso, potrà usufruire della detrazione direttamente sul prezzo di vendita, fino a un massimo di 96.000 €.
Altro elemento importante e che riguarda pure il Sismabonus è il cosiddetto "Visto di Conformitá", una misura i cui effetti sono stati allargati dal recente Decreto Antifrode (Decreto Legge nº157/2021). Quest'ultima normativa, in particolare, ha ampliato in generale tale visto, come obbligo per tutti quei lavori di ristrutturazione e quindi opere su edifici che possono usufruire di eventuali benefici fiscali. Difatti, dal 2022 il visto di conformitá risulta obbligatorio per tutti i bonus di tipo edilizio e pertanto anche per il Sismabonus.
Questo genere particolare di "visto" non è altro che una verifica che un Caf (Centro Assistenza Fiscale) o un semplice commercialista devono effettuare sulla documentazione loro presentata e che attesti la conformitá ai requisiti richiesti dalla normativa per poter usufruire del bonus stesso. La Legge di Bilancio 2022 ha, comunque, definito che per tutti i lavori di edilizia libera e che non superino la quota dei 10.000 Euro, la richiesta del visto di conformitá non risulta obbligaria. Tuttavia, il Sismabonus rientra tra le agevolazioni fiscali che necessitano di tale visto.
Per coloro che fossero interessati quindi a questo bonus, è possibile richiedere i benefici fiscali fino al Dicembre 2024. La documentazione relativa deve essere presentata in sede di dichiarazione annuale dei redditi. È importante ricordare che i pagamenti di tali interventi edilizi devono essere rintracciabili e di conseguenza effettuati attraverso bonifici postali o bancari, riportando inoltre i dati sia del comittente che dell'impresa esecutrice, oltre che naturalmente pure la causale del versamento.
All'interno di un condominio ci sono spesso spese condominiali da sostenere. Se all'interno di un'abitazione vi è un soggetto che paga un affitto al proprietario reale della casa, ci saranno spese condominiali che spetteranno al primo e altre al secondo.
All'interno di un condominio una delle questioni da tenere in considerazione è la ripartizione delle spese condominiali, che vengono suddivise in ordinarie e straordinarie. Le spese condominiali vanno inoltre divise in base alle quote proporzionali in possesso dei vari condomini. (Art.. 1101 e 1104 cc).
Come stabilito negli artt. 1101 è 1104 cc, devono essere ripartite in proporzione alle quote dei vari condomini.
La ripartizione delle spese condominiali avviene in base alle regole stabilite dagli artt. 1123, 1124, 1125 e 1126 del Codice Civile. In genere, le spese condominiali sono addebitate a tutti i partecipanti al rapporto condominiale, ad eccezione delle spese relative alle unità immobiliari di proprietà esclusiva.
La ripartizione delle spese condominiali segue le regole stabilite dal Codice Civile e coinvolge tutti i partecipanti al rapporto condominiale, ad eccezione delle spese relative alle unità immobiliari di proprietà esclusiva.
Tuttavia, in questo caso, la deliberazione non impegna gli assenti e i dissenzienti. Gli assenti e i dissenzienti hanno la possibilità di fare valere il proprio dissenso e chiedere la revisione della deliberazione.
In sintesi, la ripartizione delle spese condominiali segue le regole stabilite dal Codice Civile e coinvolge tutti i partecipanti al rapporto condominiale.
La deroga, per quel che riguarda le spese condominiali, consiste in un atto sottoscritto da tutti i condomini, ed è contenuta in una delibera assembleare approvata da tutti i condomini. Risulta inefficace nei confronti del dissenzienti a la delibera assembleare che introducendo deroghe ai criteri di ripartizione delle spese non sia stata approvata all'unanimità.
La recente Riforma del Regolamento del Condominio pone l'accento sulla questione delle parti comuni, che sono spessissimo l'oggetto delle spese condominiali.
Quello su cui la riforma – che, in realtà, si sostanzia di una semplice raccolta di modifiche a numerosi articoli del Codice Civile – vuole porre l'accento è il ripristino del potere decisionale del singolo inquilino.
Non cambia la disciplina delle spese condiminiali, ma cambia quello che sta attorno a queste.
Innanzitutto, il potere decisionale viene spostato all'Assemblea di condomini che può ovviamente prendere decisioni anche in merito agli usi delle parti comuni ma deve raggiungere il quorum rispetto la maggioranza dei presenti e, nei casi che vedremo a breve, anche rispetto ai millesimi.
I presenti alla riunione, infatti, devono essere rappresentativi di almeno la metà dei presenti se si tratta della prima convocazione, di un terzo se, invece è la seconda.
Per modificare la disciplina delle parti comuni occorre avere i quattro quinti della rappresentanza dei millesimi per votare e raggiungere, così, la maggioranza.
Per questo tipo di riunioni, occorre un avviso di 30 giorni, non solo 5.
Se, anche dopo aver cambiato l'uso e la destinazione di una parte comune, un inquilino la utilizza in maniera da arrecare danno ad un altro condomino o al condominio stesso, l'Assemblea può riunirsi ed esprimersi in tal senso, una volta raggiunta, tuttavia, la maggioranza assoluta sia per quello che riguarda i presenti che i millesimi.
Per continuare a studiare questi temi ti possiamo indirizzare nella lettura del nostro articolo dedicato alla comproprietà immobiliare.
Una volta adottata la delibera di ripartizione delle spese, tutti i partecipanti al rapporto condominiale, compresi i nuovi acquirenti, sono tenuti al pagamento delle quote di spesa relative alle loro unità immobiliari.
È importante notare che il diritto di partecipazione alle spese condominiali non dipende dalla proprietà dell'unità immobiliare, ma dalla qualità di condomino. Ciò significa che, anche se un'unità immobiliare viene venduta durante l'anno, il vecchio proprietario è tenuto a pagare le quote di spesa relative al periodo in cui ha detenuto la qualità di condomino.
Inoltre, è importante sottolineare che le spese condominiali sono suddivise in base alle quote millesimali delle singole unità immobiliari, che rappresentano una porzione ideale del valore dell'intero edificio. Questo significa che il contributo di ogni condomino dipende dalla sua quota millesimale e che il costo totale delle spese condominiali viene diviso in modo proporzionale tra tutti i partecipanti al rapporto condominiale.
Le spese condominiali variano in base alla struttura del condominio, alla sua destinazione e all'uso che ciascun condomino ne fa. Ciò significa che il contributo di ciascun condomino dipende dallo stato dell'edificio, dai servizi offerti e dalle parti comuni utilizzate.
In caso di edifici condominiali con destinazioni d'uso diverse, ad esempio con presenza di negozi o uffici, può essere necessario prevedere una diversa misura di contribuzione per le spese relative alla manutenzione e all'utilizzo delle parti comuni.
È importante sottolineare che l'esonero totale da una determinata spesa condominiale è possibile solo in presenza di una giusta causa, come ad esempio la mancata utilizzazione delle parti comuni che richiedono manutenzione o la mancanza di un servizio offerto dal condominio.
Il condominio è obbligato a contribuire alle spese condominiali utili alla conservazione delle parti comuni, anche nel caso in cui vi fosse una modifica della destinazione d'uso dell'immobile.
Nei casi di affitto, il conduttore sarà obbligato in solido al pagamento delle spese legate all'ordinaria amministrazione e al godimento delle cose e dei servizi.
Attualmente, invece, se ne occupail Locatore, che può rivalersi nei confronti del conduttore. Quelle legate all'usufrutto e alla nuda proprietà seguono le stesse norme delle locazioni.
Nelle questioni di mora, l'amministratore deve agire per la riscossione forzosa delle somme dovute entro quattro mesi dal credito; scaduto tale termine sarà lui a rispondere dei danni. In caso di mora nel pagamento dei contributi per più di quattro mesi (oggi il termine è di sei mesi), l'amministratore potrebbe sospendere al condomino moroso la fruizione dei servizi comuni sottoposti a credito attraverso il decreto ingiuntivo.
Le spese condominiali dell'inquilino in merito all'acqua calda sono: manutenzione ordinaria, rivestimento refrattario, pulizia annuale impianto e filtri, messa a riposo stagionale, lettura contatori, forza motrice, combustibile, energia elettrica.
Riguardo all'allarme sono legate unicamente alla manutenzione ordinaria dell'impianto. In merito all'ascensore, l'inquilino pagherà invece: manutenzione ordinaria, piccole riparazioni, consumi energia, forza motrice e illuminazione, ispezioni, collaudi.
L'inquilino dovrà pagare solo la manutenzione ordinaria di eventuali campanelli, cancelli, citofoni, canne fumarie e cassette postali. Riguardo all'autoclave, l'inquilino dovrà pagare le spese di manutenzione ordinaria, forza motrice, ricarica pressione serbatoio, ispezioni, collaudi, lettura contatori.
Un elemento del palazzo legato al condominio, che necessita di approfondimenti su eventuali permessi da chiedere all'assemblea condominiale, è quello delle canne fumarie.
Questi elementi vengono spesso costruite per smaltire i fumi del riscaldamento, dei fornelli o di un ristorante o pizzeria che si trovano all'interno dell'edificio stesso. Esistono norme relative alla costruzione da seguire attentamente.
I condotti sono costruite in modo da aspirare l'aria esterna che viene bruciata, insieme al combustibile, nella camera di combustione. L'effetto dell'operazione è la produzione di un insieme di ossigeno e fumo che viene, appunto, espulsa dalla canna.
Il movimento di queste masse gassose viene permesso tramite una differenza di pressione che è detta “tiraggio”. Il tiraggio viene facilitato, inoltre, dalla differenza di pressione fra la miscela prodotta internamente e l'aria esterna. Il rapporto viene modificato anche dalla temperatura, che agisce in maniera diretta sulla densità (se la temperatura aumenta, la densità diminuisce).
Questo principio base si deve poi incontrare con la realtà dei fatti: se la canna è sporca, ostruite o se il tempo atmosferico è inclemente, il passaggio di fumi e gas può non avvenire il maniera corretta.
Le dimensioni della canna fumaria che installiamo, quindi, devono essere pensate anche tenendo conto di queste difficoltà.
Le misure dell'impianto vengono stabilite in base a :
Le canne fumarie possono essere di proprietà di un singolo condomino oppure essere in comproprietà con quelli che hanno il loro appartamento situato sulla verticale dell'impianto stesso. L'allaccio a quella di un altro condomino prevede il consenso dello stesso; è invece possibile allacciarsi alla canna fumaria di un impianto di riscaldamento centralizzato in disuso.
Nei casi esse siano comuni a più proprietari e che necessitano di ripristino, ogni singolo condomino può richiedere tale intervento. Alla spesa dovranno però contribuire anche i condomini che hanno già provvisto allo smaltimento dei fumi
È inoltre vietata l'ostruzione degli impianti, che vengono usate anche dai condomini delle unità sottostanti; può avvenire solo nel caso in cui l'ostruzione è stata posta in essere da oltre vent'anni e gli interessati non hanno mai fatto obiezioni in merito.
È invece possibile ridurre la sezione della canna fumaria, se la modifica non causa impedimenti all'uso della stessa da parte di altri condomini. In caso di nuova installazione la spese deve infine essere distribuita secondo i millesimi di proprietà fra i soli condomini che utilizzano l'impianto stesso.
L'installazione delle canne fumarie è regolato da precise norme che ne stabiliscono le caratteristiche fisiche.
Secondo il d.p.r. n. 412/1993, lo sbocco della canna dev'essere posizionato sopra il tetto all'altezza stabilita dalla normativa vigente; soprattutto occorre fare riferimento al regolamento edilizio del comune di appartenenza. L'altezza, peraltro, è diversa a seconda della classe dell'impianto: più è efficiente – quindi meno inquinante – minore è la distanza alla quale collocare lo sbocco. (Per le sole caldaie a condensazione è prevista la possibilità di realizzare uno scarico a parete).
Il problema della distanza dal tetto non è comunque chiarito dalla giurisprudenza di livello più alto. Sia, infatti, che si tratti di condomini sia che si tratti di case indipendenti, la Cassazione ha più volte chiarito che occorre osservare la legislazione locale.
Sono presenti sul web numerosi negozi on line specializzati nella vendita di canne fumarie. Una nota marca è Schiedel, ma una semplice ricerca – localizzata anche sul territorio – può dare altri ottimi risultati.
Quando si vive all'interno di un condominio e vige anche un rapporto di locazione tra un proprietario e un inquilino che abita la casa pagando un affitto, ci sono spese condominiali che spettano al locatore e oneri che invece spetteranno al conduttore.
Com’è stato già detto in precedenza ci sono alcune spese che devono necessariamente essere sostenute dal proprietario dell’immobile e altre che invece devono essere finanziate dall’affittuario della casa. Nell’elenco che segue sono illustrate le spese che sono a carico dell’inquilino.
Se ti è piaciuto questo articolo ti consigliamo di leggere anche i nostri approfondimenti dedicati alla plusvalenza della Prima Casa e la plusvalenza della Seconda Casa!
L'autoclave condominiale è un sistema di pressurizzazione dell'acqua progettato per garantire una distribuzione uniforme e sufficiente di acqua ai vari appartamenti di un condominio. Il suo scopo principale è garantire una fornitura costante di acqua ad adeguata pressione per le necessità quotidiane, come l'igiene personale, la cucina e l'uso domestico.
L'autoclave in condominio offre diversi vantaggi, tra cui una pressione costante dell'acqua in tutti gli appartamenti, eliminando i problemi di bassa pressione. Inoltre, consente una gestione più efficiente delle risorse idriche, contribuendo a ridurre gli sprechi e migliorando la sostenibilità ambientale del condominio.
La manutenzione dell'autoclave condominiale è di responsabilità della comunità condominiale. Solitamente, viene istituito un fondo condominiale per coprire le spese di manutenzione periodica e straordinaria. Gli interventi devono essere eseguiti da personale qualificato e devono seguire le indicazioni del produttore per garantire un funzionamento affidabile e duraturo dell'impianto.
L'autoclave condominiale rappresenta una soluzione efficiente per garantire un'adeguata fornitura d'acqua nei condomini. La sua manutenzione regolare è essenziale per preservarne le prestazioni e assicurare una gestione idrica ottimale.
Alcune problematiche comuni possono includere perdite d'acqua, malfunzionamenti dei componenti e necessità di riparazioni urgenti. Nel caso di inconvenienti, è fondamentale contattare prontamente un tecnico specializzato per diagnosticare e risolvere il problema. Inoltre, una comunicazione efficace tra i condomini è essenziale per segnalare tempestivamente eventuali anomalie e garantire un intervento rapido e coordinato.
Laureato in Economia e Commercio presso l'Università di Roma Tor Vergata, Andrea Lelli fonda la ditta di ristrutturazioni edili Edil Clima Service SAS con sede in Via Costanzo Albasini 10 a Roma. Edil Clima Service è una società composta da un team di otto esperti, ognuno specializzato in una specifica mansione.